Uncinetto

Uncinetto. Uno strumento dalle semplici e basilari forme, metallico e solitamente dotato di un’impugnatura più o meno comoda. Una delle due estremità presenta una specie di piccola curvatura ad uncino, da qui il nome. Uncinetto. Ce ne sono di molte dimensioni e spessori. Viene impiegato, assieme a varie tipologie di filati, per la creazione di maglioni, borse, cardigan, berretti, porta piante, centrini per la tavola e chi più ne ha più ne metta. Il conservarsi di questa pratica e anzi, il suo essere tornata ampiamente in voga, ha fatto sì che anche i “progetti” creativi si mantenessero al passo con gli usi e i costumi della contemporaneità, diventando esempi emblematici dei gusti popolari correnti.

L’uncinetto è uno strumento dalle origini sorprendentemente antiche: alcune fonti sostengono che il primo reperto ad essere stato prodotto, con quello che si può considerare un antenato dell’uncinetto, sia stato identificato nello Jutland in Danimarca, ben più di 3000 anni fa. La costruzione degli uncinetti è indubbiamente figlia di una precedente tecnica manuale che consisteva nel creare asole con le dita nelle quali venivano poi inseriti filamenti, dando così forma a versioni più arcaiche delle cosiddette “maglie” o “punti” (stitch).

Saliente e dunque degno di menzione è un inaspettato episodio che diede all‘uncinetto un vero e proprio spessore in quanto pratica onorevole e ambita. Al tempo delle conquiste coloniali britanniche nei territori del Sudafrica, fra gli anni 1880 e 1902, l’Impero britannico, preso dalla sua smania conquistatrice, si spinse fino a territori dell’Africa meridionale, già al tempo occupati da coloni olandesi (detti boeri) giunti lì circa 200 anni prima. Si verificarono due conflitti che videro come trionfanti le forze inglesi. Per celebrale l’avvenimento, la regina Vittoria, la quale aveva da poco appreso la lavorazione all’uncinetto da delle povere donne irlandesi alle quali aveva caritatevolmente comprato dei manufatti, scelse di realizzare a mano otto sciarpe che simbolicamente vennero date in dono ad alcuni dei veterani che si erano battuti durante la Guerra in Sudafrica.

Sorvolando su ciò che si potrebbe dire degli aspetti meno dilettevoli del colonialismo britannico, è interessante provare a soffermarsi appunto su questo elemento: le otto sciarpe. Un dono di riconoscimento, fatto a mano, dalla Regina Vittoria in persona. Questo atto catturò l'attenzione dei cittadini, i quali rimasero assai colpiti dalla validazione regale che la regina diede a quello che in precedenza era visto come un mestiere semplice e indice di bassa possibilità economica. Questo fatto fece diffondere a macchia d’olio la pratica della lavorazione all’uncinetto, non solo nell’Impero britannico, ma bensì in tutti i territori circostanti.

Nel corso dei decenni, l’uncinetto divenne uno strumento sempre più socialmente affermato, rispettato e ambito, fino ad assumere una posizione di grande influenza nella diffusione di tendenze che hanno segnato l’immaginario di intere epoche e che tutt’oggi echeggiano nel nostro modo di vestire. I primi esempi li troviamo negli anni ‘20 e ‘30, i quali in questo senso furono decisivi. Molto in voga erano allora i cappelli “a cloche”, con dettagli floreali o ricami particolari, e lunghi abiti da sera. Sulle riviste si iniziarono a trovare i primi schemi (i cosiddetti “pattern” oggi fruibili in innumerevoli siti internet) che fornivano istruzioni sui procedimenti necessari per creare tali capi autonomamente e mantenersi dunque al passo con le mode del momento.

Negli anni ‘40 con l’avvento della Seconda Guerra Mondiale, in parallelo a tutti gli altri settori di produzione, anche i manufatti all’uncinetto vennero indirizzati a finalità belliche, quali la realizzazione di protezioni per le orecchie o dei veri e propri copricapo da trincea. Negli anni ‘5o si tornò invece allo sviluppo di nuove forme di vestiario, arrivando anche alla creazione di abiti da matrimonio fatti punto dopo punto. Negli anni ‘60 e ‘70 si verificò il vero e proprio boom dell’uncinetto con il diffondersi dei “granny square”, letteralmente dei quadrati in fantasia, assemblabili in infiniti modi, per la realizzazione di gilet, abiti, borse, maglioni, coperte e copricuscini. Questi, dati i loro colori sgargianti combinati in fantasie vistose, diventarono in parte anche simbolo della corrente cultura hippie.

Le tendenze sviluppatesi nei tempi più recenti sono in parte simili, in parte assai differenti. Un esempio sono le cosiddette “mesh sleeves”, una sorta di maglioncini apparentemente incompleti che si fermano all’altezza del seno, muniti però di manica lunga fatta a maglia molto alta e dunque larga. Capi con funzione più estetica che utile. Molto diffusi sono anche i cappelli variopinti che richiamano il modello “da pescatore”, creati a partire dall’omonimo “magic ring”, ovvero il tipo di lavorazione che procede circolarmente.

Ciò che stupisce, avvicinandosi a questo mondo, è che il tipo di “punto” che sta alla base di ogni diverso progetto è a grandi linee il medesimo.

Maria Petrillo, ragazza poco al di sopra dei vent’anni e universitaria, durante la mini intervista che ha sostenuto per la redazione ha riportato le seguenti osservazioni:

”Tendenzialmente mi rilassa, è un movimento ripetitivo, faccio anche catenelle a vuoto così giusto per scaricare la testa” …

“ Mi piace l'idea che posso fare uscire qualsiasi cosa da li, ci puoi fare vestiti, animaletti, cose a caso” …

“alla fine dei conti l'uncinetto è rimasto una cosa per vecchi solo nell'immaginario, ma nella pratica è così versatile e da così spazio alla creatività che non poteva non essere sfruttato.” …

“adesso per dirti ci sono anche un sacco di "correnti " dove non utilizzano dei punti o uno schema” ….

“é figo il fatto che non si "denatura", non cambiano le regole di base cambia solo il modo in cui le usi. Non so se sono chiara con questa cosa.” … “A me fa impazzire il fatto che cose completamente diverse in termini di aspetto, di contesto di provenienza, o di finalità abbiano alla base hanno lo stesso punto.”


Nonna Anna Maria invece, sentita al telefono qualche mattina fa, ci ha riportato una prospettiva molto diversa sulla questione:

La differenza generazionale nel rapportarsi al lavoro all’uncinetto è esemplificativa: anni fa questo tipo di attività era in tutto e per tutto un mestiere che, in quanto tale, veniva vissuto tante volte principalmente come un dovere e non come un diletto. Le persone che al giorno d’oggi si dedicano al lavorare all’uncinetto sono più raramente legate ad esso per un vero e proprio guadagno. C’è chi è mosso da un estro artistico, c’è chi crea su commissione, chi si fa trasportare dalle mode correnti e trova l’ispirazione su instagram o pinterest, e chi la trova invece un’attività che, in quanto manuale e lenta, permette di vivere in una dimensione di temporalità, cura e presenza ormai rare nella società di oggi che tutto automatizza e tutto industrializza.

La popolarità raggiunta oggigiorno da questo strumento è indubbiamente legata alla generale riscoperta del vintage e i media, principali agenti di diffusione delle nuove tendenze, contribuiscono costantemente a contaminare i feed dei possibili interessati con suggestioni inerenti. Medesimi contenuti, ormai nostro pane quotidiano, ci abituano a pensarci e “crearci” principalmente attraverso immagini e tratti estetici che ci danno una restituzione piuttosto che un’altra di chi siamo. Questo processo assume però una diversa sfumatura qualitativa nel momento in cui ad essere prescelti sono invece capi d’abbigliamento o accessori che, invece di essere acquistati in un qualsiasi negozio, vengono immaginati, desiderati, ideati, concepiti dal primo all’ultimo punto, anche nell’eventuale errore che porta a percorrere e ripercorrere una determinata parte del processo creativo. Il tempo che così viene speso nel perseguimento di una propria visione, di una propria spinta, assume uno spessore differente, proporzionato al valore che per noi ha quello che stiamo creando.

Uncinetto dunque come forma di espressione, come via di fuga e di rivendicazione di fronte ad una realtà che scorre troppo veloce e anonima per i gusti di chi, invece, preferisce impiegare le proprie mani, punto dopo punto, ad un percorso che porti ad un piccolo risultato, più o meno distante dall’idea iniziale. Il lavorare all’uncinetto come ennesima sottolineatura del fatto che probabilmente non è il maglione perfetto ciò che conta davvero raggiungere, ma piuttosto una traccia, una trama che dica chi siamo, in modo sostanziale e assolutamente unico.

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