La Belva della Landa - La fine di una cacciatrice

Dante Gabriel Rossetti, La Ghirlandata (particolare), 1873, The Guildhall Art Gallery.

La Donna è inerme ed è stesa su un prato di pietra bianca.  
Il cielo rischiarato dall’alba sembra stare per crollare sulla terra, le nuvole avvolgono l’orizzonte, il vento si alza gelido, la Donna è immobile ed aspetta la morte. 
Dopo che il terzo colpo ha lacerato il silenzio, nella landa tutto è di nuovo calmo, l’aria tace. 
I colori stanno iniziando a svanire da quel corpo esanime: il bianco sostituisce il colore garofano della pelle serica, nel petto si può scorgere un abisso porpora, la tela si tinge di sfumature di morte. 
In quell’alba di ghiaccio la bocca rosea della Cacciatrice è un giacinto schiuso grondante di disperazione. 
“Non pensavo fossi umana” ripete tremando, “non pensavo fossi umana, non pensavo fossi…” 
I capelli infuocati della Donna la circondano come un’aureola e la coprono come un sudario, si ritrova in una vita che diventa morte.  
“Non parlo la tua lingua” geme il corpo disteso, “perché mi hai sparato?”. 
Lei osserva l’occhio scuro della canna del fucile come se stesse guardando un infante in seno alla madre e, mentre la luce del giorno nascente colpisce il metallo freddo, si rende conto che quella è la sua unica promessa di salvezza. 
La Cacciatrice boccheggia e poi abbassa il fucile, si rende conto di avere commesso l’unico peccato che non avrebbe mai dovuto commettere, sa di aver ucciso un innocente. 
“Perché ora abbassi il fucile? Non merito almeno la pietà che prima mi hai negato?” dice la morente. 
“Mi hanno detto che per queste lande era comparso un mostro, temendo per mia madre ed i miei fratelli ho preso il fucile e sono uscita. Quando ti ho vista non pensavo fossi umana, te lo giuro” continua sempre più agitata l’altra appoggiando il fucile al suolo. 
Quel corpo ormai sta iniziando a diventare sempre più freddo, eppure gli occhi della Donna sono una foresta in fiamme, non hanno ancora finito di lottare. 
“Non ti capisco ora e non ti ho capito prima, quando stavi urlando contro di me” dice lei sentendo la pietra bianca sotto di sé colorarsi di cremisi, "eppure non mi sembri una persona malvagia, hai degli occhi limpidi e chiari…”. 
La Cacciatrice inizia a singhiozzare mentre si inginocchia vicino al corpo della Donna, un vortice di rosso e bianco che viene accolto dolcemente dalla pietra, la sua fredda tomba.  
Mi fanno tornare alla mente lo stagno vicino al bosco dove sono cresciuta, era piccolo ma profondo e le sue acque erano sempre fredde e pulite…” 
“Ti prego dimmi che cosa desideri, vuoi la morte? Dimmelo e ti ucciderò. Vuoi vivere?” la Cacciatrice si morde le labbra che diventano improvvisamente dei petali rosso fuoco, “non so neppure se ti è dato scegliere”. 
Mi chiedo se quello stagno esiste ancora, è così lontano ormai e potrebbe anche non esistere più” rantola la Donna mentre il suo petto si alza e si abbassa divertito, e la risata che le esce dalle labbra risuona cupa nell’aria come una sinfonia umida di sangue. 
La morente guarda il volto della Cacciatrice, due occhi spalancati ed una mente splendente come il sole, e solleva un braccio verso di lei. 
L’assassina rimane ferma mentre quella mano sporca di sangue le si poggia sul petto, trattiene il respiro, tenta di intrappolare la colpa tra i denti. 
Mi hai colpito proprio qui” dice la Donna sorridendo triste, “ma hai sbagliato, hai mancato il mio cuore di poco”. 
“Se solo mi fossi avvicinata di più ti avrei vista, avrei capito… te l’ho chiesto, poi te l’ho urlato, volevo solamente sapere chi fossi ma la luna era troppo alta nel cielo…” la Cacciatrice emette un suono come di un violino scordato, “non riuscivo a vederti e tu non mi hai risposto”. 
La Donna di colpo tossisce e il bianco avorio del viso si colora di mille rose rosse. 
Dopo aver ripreso fiato chiude gli occhi e quando li riapre guarda il suo uccisore, nota che le lacrime che stanno attraversando le sue guance somigliano alla rugiada sul petalo di un fiore. 
Non mi sembra tu stia dicendo nulla di importante. Tu mi hai sparato, sì?” chiede sempre più debole, “mi stai facendo soffrire e non mi hai neppure colpito al cuore”. 
La Cacciatrice aggrotta le sopracciglia mentre osserva il fucile abbandonato vicino ai loro corpi. 
“Che cosa ci facevi in questa landa dopo che è calato il sole? Volevi forse toglierti la vita? Dimmi che ti ho fatto un favore, dimmi che non sono un mostro, ti prego” supplica lei. 
Le due si guardano, il silenzio ritorna. 
Un mondo le separa, una pallottola d’argento le unisce per sempre. 
I loro ruoli sono già stati decisi ed ora rimangono sole in quella landa, due figure sofferenti accarezzate dalla luce tiepida dell’ultima alba di una vita. 
Quando ti ho visto da lontano ho sentito qualcosa nel petto, eri inevitabile e lo sapevo” rompe il silenzio la Donna, “quando ti sei avvicinata mi hai ricordato la me della mia infanzia.” 
“Perché continui a parlare? Perché stai ancora combattendo?” le chiede la Cacciatrice. 
Quando ero più giovane anche io ero avventata come te, non riuscivo a vivere se non amando ed odiando con tutta me stessa.” 
“Se fossi stata una miglior cacciatrice, se solo fossi riuscita ad ucciderti, ora non staresti soffrendo così tanto”. 
Non mi hai colpito al cuore, ma è come se l'avessi fatto”. 
Cuore” ripete la Cacciatrice. 
Cuore” supplica la Donna. 
L’assassina è in ginocchio ed il sole inizia a comparire dietro il suo capo squarciando il cielo, feroce come l’odio. 
“Le tue mani erano sporche di sangue anche prima che ti colpissi” dice la Cacciatrice osservando le macchie color ruggine sotto le unghie affilate di quel corpo morente. 
La sua bocca ora ha smesso di grondare rimpianto, nella sua mente la luce sta rischiarando la nebbia. 
“Il mio cuore è troppo grande per poter essere fermato da una sola pallottola d’argento” sussurra la Donna mentre scorge la sua fine nel cielo color d’ambra. 
“Mi chiedo cosa sarebbe accaduto se non ti avessi colpita” risponde la giovane abbassando di nuovo lo sguardo verso quell’essere. 
La Cacciatrice la osserva, ancora ed ancora ed ancora, e la verità le colpisce il petto come l’artiglio di una bestia. 
Dopo aver ripreso in mano il fucile schiude il suo fiore di bocca e dice: “Il cuore?” 
La Belva della Landa sorride un sorriso sporco di sangue di innocenti. 
“Sì”. 

Il sole si è alzato in cielo e poi è sprofondato di nuovo dietro l’orizzonte, la luna ha ripreso il suo posto tra gli astri. 
Tutto è fatto di mercurio sotto i suoi raggi, anche il corpo della bestia lasciato a marcire sulla pietra. 
Gli occhi vengono divorati dai corvi, la carne ritorna alla terra, il cuore rimane incastonato nel petto, immobile.

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Meraviglia da Aldi